Carlotta Sadino: storia italiana di gesti discreti e miracoli che si rinnovano

Guest post a cura di Valerio Sordilli | Blog: Una certa idea di estetica

Possono volerci dei giorni. O anche intere settimane. A volte il solo stimare in anticipo un tempo sottrae bellezza a un gesto che muta a ogni rinnovo, e a ogni rinnovo rinasce immutato. Carlotta Sadino possiede quel gesto. E lo cura. E lo affina. E lo trasmette, ogni giorno, nel suo scrigno odoroso affacciato sul Lago Maggiore.

Uno dice cappellaia e s’immagina a corredo come una qualche buffa inclinazione dell’anima, ma non c’è ombra di follia nello sguardo di Carlotta. Al massimo il bagliore di chi vive al lume di piccoli riti preziosi che si perpetuano nel tempo.

Anni, nel suo caso. Come quelli che le sono occorsi per capire quale fosse il suo posto, girare un po’ e conoscere qualche altro scherzo di terra nel mondo da coltivare a immaginazione – Milano, e poi Londra – prima di rimettersi in marcia, zaino in spalla, verso casa. Il percorso indipendente di Carlotta si è fermato infatti dove era partito, tra i selciati muschiati dell’antico borgo di Pallanza, una manciata di anime nel comune di Verbania, dietro una grande parete di vetro che impreziosisce il piccolo cortile interno ricavato nel palazzotto di famiglia.

E’ lì che Carlotta diventa la cappellaia.
Fuori, è solo una ragazza gentile.

Ma dove genio, materia ed esperienza si danno convegno, da anni, sotto gli occhi onnivori di Carlotta, in quell’atelier che è casa e mondo insieme, alla luce gloriosa di una passione inesauribile, lì dentro, ogni giorno, si consuma il miracolo silenzioso del vero artigianato italiano.

Italian Stories, progetto interessantissimo di promozione turistica nato sotto la promessa di scovare miracoli come quello di Carlotta e portarli alla luce, lo ha giustamente già inserito nella lista delle sue esperienze.

C’è chi sostiene che i cappelli di Carlotta “la cappellaia di Pallanza” abbiano un’anima. E che quest’anima sia intrisa del profumo e della luce di quei posti, oltre che del calore degli occhi che per un tempo imprecisabile le restano poggiati addosso.

Deve essere così. Ma in ogni caso, prima ancora di occupare uno spazio e avere una propria dimensione definita, quei cappelli hanno assorbito tempo, che vale a ognuno di loro una storia. Una storia esclusiva, che vive e si rinnova nell’incanto di un gesto discreto, irripetibile e prezioso e del racconto che ne viene fatto.